domenica 28 aprile 2013

Ancora CPAP ed ecografia

Ho ricevuto due commenti a riguardo della CPAP da parte di Francesco Savelli del PS di Faenza. I commenti li riprendo:


...... Vorrei entrare nel merito della questione CPAP, per la quale mi permetto di dissentire. Partiamo dalla letteratura: è vero che gli studi antecedenti a quello di Gray sono stati condotti su piccoli campioni, ma non mi risulta fossero metodologicamente scorretti e le successive metanalisi hanno evidenziato un un miglioramento della sopravvivenza, lo studio di Gray invece, pur avendo una casistica veramente molto numerosa, è stato inficiato da un inammissibile cross-over tra i bracci di trattamento. Dopo un minimo di 2 ore il clinico era libero di passare da un braccio all'altro e se controlla la tabella a pag 146 vedrà che ben 56 pazienti sono passati dal trattamento standard alla CPAP o NIPPV, ma che fine avrebbero fatto diversamente? Per quanto concerne gli effetti emodinamici nello scompenso con grave compromissione della funzione sistolica l'output cardiaco diviene post-carico dipendente, non precarico dipendente come su CPAP ed ecografia

e poi:

Vorrei aggiungere a quanto già commentato in precedenza che nello studio da lei citato condotto da Nava, Carbone e Di Battista in realtà è emerso che nel sottogruppo di pazienti ipercapnici, cioè quelli più gravi, la CPAP ha ridotto in modo significativo il tasso di intubazione, dunque inesatto dire che il miglioramento era solo soggettivo. Comunque anche nel gruppo dei normo-ipocapnici migliorare più rapidamente il P/F non è un miglioramento soggettivo ma un dato oggettivo di più rapido recupero dei meccanismo di scambio intrapolmonare dei gas. Cordiali saluti Francesco Savelli PS Faenza su CPAP ed ecografia





Per prima cosa lo voglio ringraziare vivamente per due motivi: primo perchè sapere che uno come lui ha letto (forse per la prima e ultima volta..... visti i commenti) il blog è motivo di orgoglio; secondo perchè mi ha obbligato a riflettere ancora su un argomento che per me è ostico e io ADORO quelli che mi mettono in difficoltà e mi obbligano a ragionare.
Intanto gli chiedo scusa perchè i commenti sono di metà aprile ma sto studiando qualcosa per questo piccolo blog per renderlo più interessante per tutti (così com'è non mi convince più), cosa che mi sta portando via del tempo.
Allora veniamo a questa “benedetta” ventilazione non invasiva nel paziente critico. Ogni volta che faccio i corsi e parlo di questo argomento vengono sempre fuori argomenti interessanti e anche questa volta non è da meno. 
Voglio ancora far notare una cosa, che forse a molti sfugge: parliamo di paziente critico. Ribadisco: PAZIENTE CRITICO. Non il cinquantenne con cardiopatia ipertensiva, 200/110 di pressione, frazione di eiezione di 60%, emogasanalisi da libro e tutto il resto. Parlo del cinquantenne (rimaniamo nello stesso ambito di età per comodità anche se raramente ci troviamo di fronte a pazienti di questo tipo) con cardiomiopatia dilatativa (se lo sai), con 110/50 di PA, con una frazione di eiezione di 30% (se lo sai) e un EGA da paura. Oppure il paziente dell’età che volete voi, anche con pressione alle stelle di cui non sai nulla e che potrebbe avere una FE di 15% oppure con un pregresso IMA e la parete anterolaterale del ventricolo sinistro praticamente ferma (ripeto) di cui voi non sapete assolutamente nulla  (un esempio che capita spesso a me: vecchietto che arriva da casa di riposo con la documentazione, a mala pena, della terapia oppure quello che viene in vacanza al mare e quando chiedi la documentazione i parenti ti dicono: è a casa a Milano, Bologna, Parma o dove volete....)
Io parlo di questo di tipo di pazienti; su tutti gli altri non voglio entrarci (anche se ci sarebbe da parlarne per ore, basta vedere l’ultima parte dell’articolo di Gray sui risultati della ventilazione non invasiva nelle cardiopatie ischemiche). Non ho le competenze per poter affrontare un argomento così.
LA CPAP (se vogliamo parlare solo di quella) non rappresenta propriamente un tipo di ventilazione, in quanto al paziente non viene fornito un “volume” inspiratorio di aria da parte del ventilatore, ma solo una pressione, per cui egli deve essere in grado di esercitare una sua forza inspiratoria sufficiente a sviluppare un adeguato volume corrente. L’obiettivo principale delle CPAP è quello di evitare il collasso dell’alveolo e l’applicazione di una pressione positiva nelle vie aeree determina effetto volume ed un effetto pressione. La distensione alveolare con aumento della Capacità Funzionale Residua consente di: 1 reclutare territori non ventilati ma perfusi; 2 migliorare la ventilazione alveolare ed il rapporto V/Q; 3 contrastare l’eventuale penetrazione plasmatica nell’alveolo; 4 aumentare la compliance; 5 diminuire il lavoro respiratorio. Tuttavia bisogna stare attenti a non distendere troppo l’alveolo né troppo poco, per lo stretto rapporto esistente tra l’alveolo e il capillare. Se lo distendiamo in maniera eccessiva rischiamo di schiacciare il capillare determinando un aumento delle resistenze vascolari polmonari ed impedendo al sangue di prendere ossigeno dall’alveolo; se invece lo distendiamo troppo poco provochiamo ipossia intralveolore che determina vasocostrizione con incremento anche in questo caso delle resistenze vascolari polmonari. L’obiettivo è quello di trovare la Capacità Funzionale Residua ottimale a cui corrispondono le più basse resistenze vascolari polmonari. L’alterazione delle pressioni e della funzionalità del polmone influisce sull’attività cardiaca e viceversa. L’aumento della pressione intrapolmonare e intratoracica ha delle ripercussioni importanti sulla funzionalità cardiaca: sul cuore sinistro determina riduzione del ritorno venoso (quindi del precarico) e diminuzione della pressione transparietale del ventricolo sinistro (quindi del post-carico), entrambi questi meccanismi dovrebbero, in teoria, contribuire ad una diminuzione della gittata cardiaca con effetti negativi sulla funzionalità cardiaca ma in realtà i risultati finali sono diversi tra soggetto e soggetto con scompenso cardiaco. Nel soggetto con normale funzionalità cardiaca, in cui la gittata è soprattutto precarico dipendente, per cui l'aumento della pressione intra-toracica, riducendo il riempimento del cuore, provoca una diminuzione della gittata. Nei soggetti con scompenso cardiaco, con elevate pressioni di rimepimento e riduzione della contrattilità del ventricolo sinistro, la gittata è invece post-carico dipendente. Gli effetti benefici si hanno nel ridurre il post carico con aumento della gittata cardiaca. Comunque tra le controindicazioni assolute all’utilizzo della ventilazione non invasiva c’è l'instabilità emodinamica; diventa importante l’uso dell’ecocardiografia per monitorare strettamente i pazienti e per selezionare in maniera ferrea i pazienti. È evidente che la presenza di EPA e shock cardiogeno rappresenta una condizione critica in cui l’uso di dopamina è indispensabile e prioritaria. 
Quindi i fattori critici del successo della CPA sono la selezione dei pazienti, attento monitoraggio del paziente e possibilità dei rapido intervento rianimatorio nel caso di peggioramento delle condizioni cliniche. 
Potrebbe andare bene come spiegazione? Credo di si. Ovviamente tutte queste belle cose non le ho scritte io ma sono gli appunti presi dalle due persone che sono riuscite a farmi capire qualcosa della ventilazione non invasiva e cioè il Dr Caporaso (allora Direttore della Fisiopatologia Respiratoria del Fatebenefratelli di Benevento) e il Dr Arditi (allora Rianimazione Savona, ora a Genova, credo). Il corso SIMEU proprio non lo reggo: ho cominciato a studiarlo 3 o 4 volte per poi lasciar perdere: una pizza incomprensibile  per un chirurgo di basso livello come me (almeno quello fatto a Reggio).
Scusa se ho scritto tutto questo pistolotto che tu sicuramente conosci già ma almeno me lo sono ripassato io.
Da entrambi questi medici ho appreso che tutti i pazienti non sono uguali e che se su 100 pazienti a cui applichi la CPAP, a 99 va benissimo mentre a 1 devi correre a chiamare il rianimatore. La cosa che mi da più noia è proprio questa. Il discorso che sento dire é: la metto su, se va male lo intubiamo. 
Il concetto che voglio portare avanti è: abbiamo uno strumento (l’ecografo) che ci permette di selezionare i pazienti che devono, possono e non possono fare la CPAP (o una determinata terapia). Se poi ci sono quelli che comunque vogliono cominciare al CPAP e vedere come va, OK!!! Ma, come diceva una pubblicità, la potenza è nulla senza il controllo.....Il motivo è semplice: l'effetto terapeutico è sicuramente di ridurre pre e (soprattuto) il post carico migliorando la gittata cardiaca. La domanda che vi faccio: se quel cuore non PUO' migliorare la sua gittata cardiaca come la mettiamo? E vi chiedo ancora: come fate a sapere se quel cuore è in grado di aumentare la sua gittata cardiaca dopo che ho diminuito il post carico? Aspetto le risposte che (fino ad ora) non mi hanno convinto...
Articolo di Gray e altri. Sicuramente avrai (avrete) letto le miriadi di commenti che si sono succeduti  a quell’articolo. Non ho le competenze per dire chi ha ragione: dico che è una voce fuori dal coro e che non dice che non serve ma che è una possibilità terapeutica bene o male come le altre e che non salva la vita ma fa stare meglio il paziente (come anche l’articolo di Nava aveva documentato). Ritorniamo al concetto principale per cui ho cominciato a scrivere questo post: abbiamo in mano tanti strumenti terapeutici (ANCHE la CPAP), con l’ecografo (in brevissimo tempo) sono in grado di scegliere il (i) più adeguato per QUEL paziente che ha avuto la sfortuna di capitare sotto le mie mani.....
Grazie infinite per le tue considerazioni 
Ciao
GD

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